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Lo scalpello di Michelangelo

mose_bigUno strano destino ha concentrato nei poco più di 300 mila chilometri quadrati della nostra Penisola la più alta percentuale al mondo di tuttologi.D’altra parte, noi siamo i nipoti di Leonardo da Vinci e di Michelangelo, di Bernini e di Bramante, e da loro abbiamo ereditato la capacità di eccellere, anzi, di essere geniali, in molti e svariati campi della conoscenza e della sua applicazione pratica. 

Le tecnologie digitali hanno permesso agli italiani di dare prova del loro “multiforme ingegno”. E, naturalmente, non si sono lasciati scappare l’occasione.Così, oltre a essere tutti cantanti, poeti, navigatori, santi, economisti e commissari tecnici della Nazionale di Calcio, gli italiani hanno scoperto di essere esperti di comunicazione e marketing, ma soprattutto di essere dei creativi: pubblicitari, registi, fotografi, art director, web designer, progettisti di packaging e, naturalmente, copywriter. Con una fede incrollabile nella Post Produzione.

Tanto la “fantasia” è il dono che il buon Dio ha distribuito con maggiore generosità agli italiani, insieme alla proverbiale arte di arrangiarsi, di cui vanno così fieri. 
E allora, vai di “brif” e “brein stormin”, “pleioff” e “sciuting”, rigorosamente fatti in casa. E se poi non si sa che pesci pigliare, “Beh, dai, chiamiamo un’agenzia. Facciamoci fare un preventivo. Cosa ci vorrà a fare una pubblicità?”. 

Così, a volte, ti chiamano. Tu ti informi sul budget, ma il cliente spesso non ha idea. Eppure se vai da una concessionaria per comprare un’auto, dovresti averla un’idea di budget. Dovresti sapere se puoi permetterti una Ferrari o una Trabant usata dell’ex Germania Est. 

Ti danno un brief, che normalmente è: “Vogliamo qualcosa di assolutamente originale, che ci distingua da tutti gli altri. Che spacchi”. E allora torni a lavorare pieno di entusiasmo e pensi: “oh, finalmente un cliente che vuole rompere gli schemi”. Proponi tre creativi, come da manuale: uno brutto, che il cliente scarti subito. Uno corretto. Un po’ piatto, ma corretto, che il cliente ti dica: “bella, ma…non mi emoziona”. E, infine, quella giusta. Quella che mentre la “lucidi” tieni il collo piegato e la coccoli con lo sguardo come tua figlia a sei mesi. E pensi. “Belin, se me la approvano, la metto in book e la faccio girare sui social”.

Perché lo sai che questa è la campagna giusta. Lo sai perché fai questo lavoro da più di 20 anni e fai solo questo nella vita. Lo sai perché magari hai qualche tuo lavoro pubblicato sui testi universitari, e lo sai perché lo sai come si fa una campagna con i controcazzi.

Allora vai in presentazione e poi ti senti dire che non hai capito il brief. Il brief? Ma quale brief? Oppure: la tua idea è piaciuta, e tutti vanno a casa felici e contenti, ma il giorno dopo ti arriva una telefonata e ti annunciano che al presidente, normalmente il padre del o della responsabile comunicazione dell’azienda, è venuta un’altra idea. Geniale, naturalmente. E che bisogna seguire quella strada.

E allora pensi a Michelangelo e a quel presuntuoso di Pier Soderini. Quello che…il naso del Mosè era sproporzionato e Michelangelo finse di ridurlo con un colpetto di scalpello e un po’ di polvere di marmo lasciata cadere dal palmo della mano.
“Ora va benissimo”. Approvò il gonfaloniere papale. Però se hanno avuto la pretesa di insegnare il mestiere a Michelangelo, chi sono io per non accettare le critiche?